BRIGHTON
RACCONTO (ultima parte)
Con la pioggia che penetra nel cappotto, inizio a risalire la collina per raggiungere la strada principale, con le scogliere e il mare plumbeo al mio fianco. Faccio dei passi corti e svelti, l’uno dopo l’altro, ma è come se mi muovessi a rallentatore, sembro lentissima e nel giro di pochi minuti sono completamente bagnata. Per farmi coraggio penso addirittura a Marco Confortola e alla sua esperienza sul K2 raccontata nel libro “Giorni di ghiaccio”. Dire che il paragone è spropositato e completamente fuori luogo è poco, ma tanto mi serve per risalire con più tenacia quella semi-pendenza di poche centinaia di metri. Risalito il crinale e ai margini della strada noto un piccolo locale dalla doppia entrata, ristorante da una parte e negozio di souvenir dall’altra. Entro e chiedo dove è la fermata più vicina per prendere un autobus che riporti in città. Mi indicano un palo sopra una collinetta. “Ma siamo sicuri? – mi chiedo - non è che la stanchezza, la pioggia e il freddo mi fa fraintendere la vostra lingua?”
Alla fermata dell’autobus non c’è nessuno, solo raffiche di vento che tagliano la faccia. Quando, finalmente, dalla curva vedo spuntare il bus rosso a due piani, ho “lo stato d’animo di un naufrago che sta per essere condotto verso una salvezza inaspettata”. Al calduccio e al riparo dell’autobus, con il corpo e il cervello che iniziano a riprendere le loro funzioni vitali, il pensiero mi vola ad una tazza di tè fumante e ad un pasto caldo che mi aspettano a casa. Solo tra quei pensieri dolci e confortevoli riesco a pronunciare la frase: “Belle però le Seven Sisters!”.
CUCINA “TIPICA” DEL SOUTH ENGLAND
Cibo e locali:
Wokmania è uno stanzone nero con arredamento funereo (che magari qualcuno chiama fusion) dove all’entrata una signorina scocciata avverte i clienti di attendere il proprio turno prima di essere accompagnati ai tavoli. Una volta seduto, ti viene assegnato un cartoncino con un numero, dopodiché ti viene chiesto: “È la prima volta che si serve da Wokmania?”.
“E vorrei ben dire - penso io – è solo la disperazione che mi ha portato qui!”.
Allora la signorina, sempre più indolente, ti spiega i vantaggi del Lunch Buffet a 5.99 sterline (bevande escluse), e cioè: avvicinarti con il tuo piatto al portavivande e servirti da mangiare fino a strafogarti. L’idea sembra buona e la cosa semplice, più difficile è trovare qualcosa di commestibile o di avvicinabile all’idea che un “italiano medio” ha del cibo.
Così, ho tristemente caricato il piatto di pietanze thay, spicy, chineese e sono tornata al tavolo, rigorosamente assegnatomi, maledicendomi per la scelta, mentre alle mie spalle un gran numero di attempate coppiette inglesi fa la fila per entrare!
Di solito ho un buon fiuto per scovare locali caratteristici che propongono cucina tipica (a prezzi modici) in un ambiente accogliente. Ma non in questo viaggio. Il sesto senso mi ha del tutto abbandonato. Per le vie di Brighton vedo solo grandi catene come Subway, Burger king, Mac, Pizza Hut, Pizza Express oppure “fish and chips”, pesce crudo servito in vaschette di plastica lungo il porto e una miriade di ristoranti italo-meridionali alla “Bella Napoli”.
Prima di ricorrere alla cucina italiana all’estero faccio qualche altro tentativo e trovo Mark & Spencer, che credevo essere un negozio di vestiti, invece scopro avere un reparto cibo tutto suo, dove ogni genere alimentare è in esposizione in banchi frigorifero. Dal sushi ai sandwiches, dalla pasta pronta ai succhi di frutta. Dentro è talmente freddo che per girare tra le scaffalature (frigo) è necessario il cappotto, forse comprato precedentemente al reparto abbigliamento.
È solo verso la fine del viaggio, che la mia fortuna gastronomica inizia a girare, quando scopro “Revitalise”, un locale dall’atmosfera tranquilla, dove si può mangiare una normalissima zuppa calda di verdure, leggere un libro e rilassarsi un po’.
Bello!… ma anche per godersi cose basilari quali buon cibo e riposo, c’è sempre qualcuno pronto a propinarti una “filosofia di vita” già preconfezionata. Nel giro di pochi minuti, mi accorgo che anche “Revitalise” è una sorta di catena in cui, unitamente al cibo naturale vendono/propongono terapie di ogni tipo: dall’aroma alla cranio sacrale, dalla cristallo alla cromo, dalla Colonic Hidrotherapy alla Hot Stone Therapy, dalla Hypnotherapy alla The Journey Therapy, e via discorrendo, passando per massaggi e trattamenti di ogni sorta da quelli Thai agli Shiatsu, dagli Holistic & Swedish agli Indian Head. Finisco la mia zuppa, pago, ringrazio e me ne vado.
Qualche giorno più tardi, grazie a Manrico, un agente di viaggio dalle lontane origini italiane, vengo a sapere dell’esistenza di “Bill’s–produce store”: all’apparenza un vecchio magazzino abbandonato, all’interno un’infinita varietà di colori, frutti e cibo naturale.
“È un po’ costoso, mi dice, ma ne vale la pena, vendono prodotti coltivati dai contadini dell’hinterland di Brighton”. Alle pareti sono appese verdure di stagione e frutta fresca, i banchi sono pieni di formaggi e torte salate, e dalle vetrine fanno capolino dolci di fragole e cioccolato. C’è di tutto: “organic herbal tea, freshly pressed juices, healthy vegetarian food…”, ai miei occhi sembra il Paese dei Balocchi! Mi siedo, do un’occhiata al menù ed ordino uno straordinario succo di arance, ananas e fragole fresche ed una torta salata di radicchio e formaggio fuso. Eccezionale! Esco soddisfatta, appagata e felice.
Ma, qualche giorno dopo, nel camminare lungo le vie della città di Lewes, noto un locale con la scritta Bill’s. Mi avvicino, mi affaccio all’entrata e basta un’occhiata per scoprire che il locale è identico a quello di Brighton, stessi prodotti, stesso menù e steso ambiente. Anche Bill’s è una catena… con una “atmosfera” creata a tavolino e pronta al consumo.