RUSSIA
UN MESE TRA MOSCA E SAN PIETROBURGO
La fascinosa terra degli zar (seconda parte)
Fuori il sole è accecante, entro e il buio è totale, l’aria è greve, solenne. Percorro tesa e impaurita un corridoio semi-discendente, ad ogni angolo una guardia, ad ogni angolo un colpo al cuore; fino a quando non giungo nella Sala dove, custodito in una bara di cristallo, giace il corpo di Lenin. Uno sguardo veloce, importante, in cui vorresti che quell’immagine s’imprimesse per sempre nella memoria, e via. Una guardia, vigile e attenta, fa segno che devo muovermi, passare oltre e uscire, non si può mica sostare davanti alla Rivoluzione!
Dopo due settimane a Mosca faccio i bagagli e parto per Pietroburgo. Sul treno incontro una chiassosa scolaresca italiana in vacanza e, se solo una settimana prima avrei pregato per sentire un qualche suono italiano, ora passo oltre e snobbisticamente cerco posto fra i russi, perché ora: Ja gavarju pa russkij!
Alla stazione la mia nuova famiglia mi aspetta: si tratta di due distinti signori (marito e moglie in pensione). Mi bastano pochi passi per accorgermi che l’uomo è afflitto da un brutto male: la logorrea. E non solo è logorroico, ma anche fissato con la storia romana, gli imperatori, Giulio Cesare, poi la geografia di Roma, i Colli, il Tevere e come se non bastasse (arrivata a casa) vedo che ha il poster di Adriano Celentano e Claudia Mori. Io cerco di spiegargli che sì, sono italiana, ma che abito un po’ più a nord di Roma e che purtroppo non mi sono mai particolarmente interessata allo studio della storia romana e tanto meno alla vita di Celentano. Ma lui non riesce a farsene una ragione e via con le domande…
Qui, nella “città più astratta e premeditata di tutto il globo terrestre”, come scrisse Dostoevskij, si respira un’aria diversa. In questa città costruita con grande rigore da Pietro il Grande, dove tutto è un intrico di ponti e canali, si ha la sensazione di perdersi. È un perdersi vago e aleatorio, aurorale. E così passeggio per il più grande punto di riferimento, la Prospettiva Nevskij. Mi fermo a guardare lo scorrere della Neva e decido di entrare all’Ermitaje. Qui, per avere lo sconto bisogna mostrare il tesserino da studenti. Dico che sono italiana, che sono una studentessa e che se non lo fossi molto probabilmente non riuscirei a spiccicare nemmeno queste poche parole, ma che la nostra università non dota gli studenti di un tesserino di riconoscimento. La signorina allo sportello risponde che anche gli studenti africani ce l’hanno. Quindi pago il prezzo intero ed entro. L’interno è un trionfo d’arte: Leonardo, Caravaggio, Raffaello, e statue di imperatori romani…………..
Trascorro numerose serate a teatro, passando per una vasta gamma di rappresentazioni, dalla prosa alla lirica, da “La dama di picche” di Puskin a l’ “Aida” di Verdi, perché qui, magari i pensionati prendono ventiquattro dollari di pensione (più o meno), magari avvicinarsi ai banconi della carne e del pesce è proibitivo, ma la cultura è veramente fruibile da tutti.
Dopo giorni di convivenza i due pietroburghesi si sono affezionati e mi fanno fare un ritratto dai più conosciuti ritrattisti della città. Non ancora soddisfatti mi regalano una corteccia di betulla intagliata con l’immagine di Pietro il Grande a cavallo e poi si continua tutto il giorno in cerca di souvenir: matrioske, effigi del regime sovietico, vodka, caviale fino a quando – dimagrita e culturalmente arricchita – non torno a casa piena di pacchi e pacchettini per la mia mamma.